Prima dell'era Covid che ha imposto la chiusura di tutte le sale, venivano distribuiti ogni anno circa 300 film stranieri. Ovviamente tutti doppiati.
Sembra che gli italiani abbiano problemi a seguire un film con i sottotitoli: difficile guardare le immagini e lanciare anche un occhio al testo. Se poi ci metti la respirazione, la digestione, le unghie da rosicchiare, il chewingum da masticare, il popcorn tra i denti. Multitasking non si nasce (ma lo si può diventare).
La cosa che più mi infastidisce del doppiaggio, è che le scene vengono nuovamente recitate da attori che la produzione non ha minimamente scelto (sono i distributori italiani che si occupano di far doppiare il film straniero). E io mi chiedo: perché mai al posto di Denzel Washington e George Clooney avrebbero dovuto scritturare il pur bravo Pannofino? E Mark Hammill in "Guerre Stellari"? No, via Hammill! Noi vogliamo Claudio Capone!
Il regista del film, in particolare, non ha alcun controllo sulla recitazione dei doppiatori. Lui, magari si era fatto un mazzo così a dirigere gli attori scritturati. Aveva scelto un certo tipo di stile, di taglio, di "impronta" da dare al film che porta la sua firma. Aveva rifatto le scene che non lo convincevano e agli attori gliele aveva fatte ripetere fino a che non catturava ciò che stava cercando, ciò che voleva "tirare fuori" dai suoi interpreti. Chissà quante volte sul set di "Forrest Gump", il regista Zemeckis avrà detto a Tom Hanks: "Aspetta Tom, questa la rifacciamo!".
Bene, tutto questo non conta. In Italia chi dirige la sala doppiaggio, rifà il lavoro di Zemeckis, di Scott, di Nolan, alla facciazza loro.
Ogni volta che vedo un film doppiato, mi viene da pensare che è come se si andasse a "vedere" Bob Dylan che canta sul palco con il microfono spento, mentre Peppino-pizza-fichi-e-rocknroll, dalla regia, canta "Blowin' in the Wind" in italiano.
Giusto. Questa è una cosa che nessuno farebbe mai. Agli italiani sta bene non capire un tubo di cosa dice una canzone, ma l'artista che la propone, lo segue e dice pure che è il suo preferito. Per molti non conta il testo, ma solamente la musica e il gramelot che producono quando tentano di canticchiarla.
Il film invece no, va doppiato, e chissenefrega degli attori che hanno frequentato arte drammatica, hanno studiato tecniche di recitazione e training vocale e sono artisti internazionali. Perché si crede sempre che la recitazione sia "fare le faccine davanti alla cinepresa", mentre invece l'impostazione della voce, che porta via anni di studio, non conta nulla. Molti citano Robert De Niro o Al Pacino tra i loro attori preferiti, spesso, senza averli mai sentiti recitare.
Poco tempo fa Susan Sarandon era ospite in qualche trasmissione serale, durante la quale hanno passato alcuni spezzoni (doppiati) dei grandi film da lei interpretati. Il suo commento, tra il serio e il faceto, è stato lo stesso di tutti i suoi colleghi quando vengono in Italia: "Non sapevo di parlare l'italiano così bene!". E ho colto un leggero fastidio, nel vedere per l'ennesima volta, che il suo lavoro veniva cancellato e rifatto da uno sconosciuto.