Sono abbastanza convinto che la "Roskomnadzor", l'agenzia statale russa per il
controllo sui media, quella che "sospende" tv e pubblicazioni per il "contenuto critico" dei loro articoli, eserciti un qualche "monitoraggio" anche su ciò che i giornalisti russi dicono nelle tv italiane quando vengono ospitati. Sicuramente, per poter parlare nei talk show occidentali, devono ricevere un "via libera", un permesso dal
Cremlino.
E magari qualche suggerimento per poter essere davvero parte della propaganda e validi portavoce di Putin. Non li si può lasciare andare a casaccio, vanno "ammaestrati". In fondo, sono "agenti in missione". Tutto ciò che dicono sembra prestabilito, a ogni domanda si riceve sempre la stessa risposta.
"A Kiev c'è un regime aggressivo", "in Ucraina c'è il nazismo", "sono gli Ucraini che distruggono le loro stesse città", "i militari russi non uccidono i civili", "voi contate i giorni di combattimenti dal 24 febbraio scorso, ma è cominciata nel 2014", "è un'operazione speciale", "i vostri filmati sono fake", "cosa sapete voi della Russia? Non siete russi, non capite la nostra lingua", "sapete dov'è il Donbass?", "che ne sapete di cosa vuole Putin?", "la Russia non minaccia il mondo", "non è un aggressore", "la Russia ha tutto il diritto di proteggere i suoi confini", con la ripetizione all’infinito dei soliti pochi concetti che distorcono la realtà, la negano, capovolgendo tutto quanto sta accadendo in Ucraina.
E ostentano un sorrisetto artefatto, un'irritante altezzosità, quel senso di superiorità nei confronti degli occidentali, rei di non capire la cultura russa e la loro "russkij mir", una pace russa in un mondo raso al suolo.
È totalmente inutile invitare dei giornalisti russi militanti a dire la loro nelle TV italiane; non raccontano la verità e non rispondono sinceramente mai. Prestano solamente la loro voce al Cremlino. Portano avanti le inascoltabili e inaccettabili tesi del peggior putinismo e tutta la "dezinformatsiya" tipica del mainstream russo.
Con questi pennivendoli in circolazione, tocca dare ragione a Mark Twain, quando diceva: “Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso... e pubblica il falso.”