Più arrivano in Italia, termini importati dall'inglese, più gli italiani li adattano a loro stessi, snaturandone il significato. E non sto parlando di "global english", quella standardizzazione a volte necessaria, per rendere la lingua più accessibile a persone di differente nazionalità. Parlo proprio di
abbreviazioni e omissioni
che privano di ogni senso la frase.
Nonostante l'inglese mescolato all'italiano (itanglese), solitamente non mi infastidisca (per esempio il linguaggio degli informatici), mi trovo spesso a pensare, che certe locuzioni straniere, piuttosto che usarle così male, sarebbe davvero meglio tradurle.
Praticamente tutti gli italiani (specialmente in tv) si avventurano su questi campi minati, producendo brutture tipo:
A volte mi chiedo se gli anglofoni in Italia, non si facciano delle gran risate a sentire queste cose. Anche se i politici italiani, per esempio, non se ne vergognano minimamente. Ricordo ancora Alfano che mimava l'aereo che aveva ritardato l'atterraggio, dicendo che c'era stato molto "uaind". Uscito dalla storia, ed entrato ormai nel mito, Renzi e i suoi "sciòc bicööse".
Sebbene io non sia un insegnante di inglese, provo a fare chiarezza, innanzitutto a me stesso.
Siano "noun modifiers" (quindi costituiti da due sostantivi, di cui uno, il primo, diventa aggettivo dell’altro), oppure siano locuzioni formate da un aggettivo seguito da un sostantivo, non possono essere usati dimenticandone una parte. Non si può. Nessun anglofono lo farebbe mai, neanche i bambini. Perché si perde il significato della frase.
Sicuramente un madrelingua si dovrebbe sforzare parecchio per capire. Inoltre, a forza di sentire parlare di "social" anche in tv, la gente a casa, ormai crede davvero che i "social network" si chiamino semplicemente così. E lo ripete. Social.
Fortunatamente, la maggior parte dei "noun modifiers" che importiamo, sono "compounds", parole composte (boyfriend, background, backstage, weekend, evergreen, download). Qui è difficile sbagliarsi (a parte gli accenti).
Rimane però il "social" che grida vendetta. E questo, ormai, non ce lo toglieremo più di torno.