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Nonostante, sia chiamato (chiami se stesso, più che altro) "er ghepardo del valasco" (il romanaccio, sempre lui, alimort...), o anche "l'occitano der sud", chi solitamente mi "scorta" nelle "imprese", nell'imminenza dell'acclivio, denunciava "er riproporsi" di quanto e quant'altro da lui ingurgitato le sere prima, fra gozzovigli, libagioni e grande "plenar di nutrimento".
Si decise comunque di "ascendere", magari transitando accanto a qualche lago che rendesse comodo il rigurgito. Quindi...
Dal singolare e pittoresco paese di
San Bernolfo, sfiorando il bellissimo lago omonimo, fino al
Passo di Collalunga, risalendo un inospitale vallone, solcato da un'audace rotabile ex-militare abbandonata, che si eleva per quasi
1.000 mt di dislivello e passa accanto a ben
4 laghi.
Questo è il programmino, che si svolge lungo il morenico vallone di Collalunga, incontrando anche numerose opere militari del
Vallo Alpino, compresa una famosa "prua di nave" in muratura, dalla quale, si dice, si vocifera, abbia tenuto un discorso il Duce, l'allora capo del governo Mussolini, durante l'adunata degli uomini della "guardia alla frontiera".
Mah, la prua c'era, o almeno le assomigliava, il Benito non c'era, ma abbiamo detto due parole noi brancaleoni; grandi applausi e battere di zoccoli/e.
Accesso: Da Borgo San Dalmazzo si risale la Valle Stura oltrepassando Vinadio. A Pianche si prende a sinistra la strada che sale ai Bagni di Vinadio. Continuando sulla rotabile, si oltrepassa Strepeis e si arriva a San Bernolfo, dove si può parcheggiare fuori dall'abitato.
Dalla strada che porta a San Bernolfo (1700 mt), lungo la quale si parcheggia, si prende la sterrata che, passando su di un alto ponticello, attraversa il Rio Corborant. Da qui, saliamo lungo la carrareccia, lasciandoci a sinistra la diramazione per Callieri.
San Bernolfo ha una
caratteristica unica
in tutto il Cuneese: le sue case sono costruite in
legno
con la tecnica ad incastro detta del "block-bau", tipica dei paesi alpini di lingua tedesca.
Le origini di tale peculiarità architettonica sono tuttora ignote. Tra le varie ipotesi formulate dagli studiosi di cultura alpina, la più suggestiva è forse quella che chiama in causa un gruppo di
soldati alemanni o bavaresi, che avrebbero trovato rifugio nell'alto Vallone dei Bagni, lontano dai centri abitati, e vi avrebbero costruito le loro case con il sistema in uso nelle lontane terre d'origine.
Andrea Parodi - Laghi, Cascate ed altre Meraviglie", Parodi Editore
Questa tecnica ha dei riscontri a sud delle Alpi Occidentali solamente in Queyras (splendidi esempi a San Veran) e nell'area Walser del nord del Piemonte. I tronchi di larice che costituiscono le pareti della casa venivano ancorati con incastri negli angoli e tra loro, mentre i tetti erano tipicamente di paglia di segale.
Diego Vaschetto, Strade e Sentieri del Vallo Alpino (Ed. Del Capricorno)
Tra alti abeti e larici, ci eleviamo con moderata pendenza sul fondo sconnesso dal ruscellamento. I numerosi ed ampi tornanti e gli arditi
muraglioni a secco, ci portano in meno di un'ora al
Rifugio De Alexandris-Foches, più conosciuto come
Rifugio del Laus (làus=lago), circondato dai larici.
Al rifugio si può mangiare, quindi tirate dritto e non lasciatevi tentare, anche se il gestore del rifugio, in buon piemontese con bell'accento cuneese, cercherà di adescarvi.
Dal rifugio, seguendo la rotabile, in meno di 10 minuti si arriva al Colletto del Laus, passando accanto alla diroccata stazione di partenza della teleferica militare e ad un gias di pastori, ristrutturato ed abitato (che invidia!), con SUV parcheggiato appena fuori.
Dal Colletto si gode di un'ampia veduta del concone di origine glaciale dove è ubicato il
Lago di San Bernolfo (1913 mt), dialettalmente indicato come Làus, alla cui sponda scendiamo con un paio di svolte.
Un bel luogo da cartolina, con rocce a picco sul lago e larici sparsi tra le praterie e bellissime fioriture. C'è pure un "malloppo" incassato tra una sporgenza e uno strapiombo; la frontiera è vicina e qui si fu "all'erta".
Originariamente molto più ampio, attualmente occupa una superficie di poco inferiore ai 25.000 mq, è stato progressivamente interrato da alluvioni e frane nella sua porzione a monte, ove si è formata una prateria acquitrinosa e pascoliva.
AA.VV. - "Valli Cuneesi" (CAI-TCI)
Numerosi
turisti
sulle sponde, tende e pic-nic, grigliate, canotte e crema solare. Sembra di essere a Spotorno, meglio incamminarsi per la
ex-militare, deserta ovviamente, un'autostrada sassosa che nessuno "impegna", ma noi si, noi si tira dritto.
La carrareccia attraversa la zona acquitrinosa proprio sotto la
Rocca San Bernolfo, oltrepassa la diramazione per il Colle della Guercia e si innalza, tenendo il fondovalle, con numerose
serpentine, fino a portarci (circa 1 ora dal Laus, 2 da San Bernolfo) alla valletta sospesa, dove giace pacifico il Lago di Mezzo (2282 mt). Si presupporrebbe pure una "Terra di Mezzo", ma, senza scomodare letteratura e cinematografie varie, questo sta solo nel mezzo. Per raggiungerlo si scende a destra, un breve sentiero sbuca sulla sua glaciale sponda tonda e pietrosa.
In questo tratto, la valle, interamente scavata in dure rocce metamorfiche (gneiss), ha mantenuto una morfologia glaciale piuttosto evidente, caratterizzata dalle tipiche "impronte" lasciate dal ghiacciaio ormai scomparso: il vallone ha una ben visibile sezione a U con fondo piatto e versanti ripidi e rocce "montonate" lisciate e striate dai passaggi del ghiaccio. I numerosi laghi della valle sono tutti di origine glaciale e occupano conche scavate dall'erosione del ghiacciaio o depressioni formatesi alle spalle dei cordoni morenici abbandonati dal ghiacciaio durante il suo progressivo ritiro.
Diego Vaschetto, Strade e Sentieri del Vallo Alpino (Ed. Del Capricorno)
Finiti i pascoli, siamo in mezzo ad una
estesa sassaia (ecco la "terra di mezzo"). La strada serpeggia lungamente fra massi e detriti ed "impetta" solcando macereti, fino a raggiungere i ruderi della caserma dell'8° Cadosaldo Passo Collalunga.
Qui, nello spiazzo antistante la caserma, si trova la curiosa costruzione, la abbozzata
prua di una nave in cemento, che "punta" scenograficamente il fondovalle. Riferivo prima, della "leggenda" secondo la quale, qui, accanto al pennone della bandiera, avrebbe tenuto un discorso, ed incitato le truppe, nientemeno che il
Dux. Sinceramente mi sembra improbabile che
Mussolini
si spostasse fin quassù per parlare con
60 uomini, tanti erano i soldati che difendevano e presidiavano il passo, nelle postazioni e nei centri in caverna. Ma tant'è...
Salendo a sinistra e aggirando la costa rocciosa che sovrasta i
baraccamenti, raggiungiamo il tondo concone detritico del
Lago di Collalunga (2436 mt) ed il
Confine di Stato.
Dal cippo parte una mulattiera che sale, tra avvallamenti e sfasciumi, ad un laghetto superiore "esempio tipico di lago intermorenico" e da qui al
Passo di Collalunga (2533 mt), dominato dalla ripida dorsale della
Testa dell'Autaret.
Semibrullo e pianeggiante, con vegetazione pioniera e ruderi di casermette, il Passo di Collalunga (localmente detto
Cuolo Lonjo "colle lontano" od anche di forma allungata) è l'ideale per il consueto rito della focaccia prosciutto-toma.
Da qui si potrebbe ancora scendere agli altri laghi e laghetti di Collalunga, fino al Lago di Seccia, ma per me sono sufficienti gli 8 km percorsi, quasi 900 mt di dislivello e circa 3 ore di cammino. E poi quassù è bello, la sottostante Val de la Tinée mi attira. Dovrò farci un giretto, magari un'altra volta. Ora si torna.
Qui sotto un piccolo video, girato con la macchina fotografica digitale, camminando, un po' "mosso" quindi, ma ci si può fare un'idea dei luoghi. Ripercorre, in sintesi, l'intero percorso.