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Qualche anno fa, quando fu effettuata questa escursione, avevo appena rotto l'otturatore della mia vecchia e stupenda
Olympus: aveva un esposimetro avanzatissimo (8 punti di campionamento), senza contare tutti gli obiettivi, grandangoli e accessori vari che avevo aquistato negli anni.
Queste fotocamere, sono ormai superate dalle "nuove" digitali e non sono mai riuscito a trovare un service o una assistenza che non mi consigliasse di comprarne una nuova (ma cosa aggiusti, compra!), ma per avere la stessa qualità e lo stesso livello, avrei dovuto spendere migliaia di euro.
Mi sono poi, temporaneamente, accontentato di una piccola "digitale da turista"(una
Sony Cybershot) che permette solo di scattare (che altro vuoi fare direte voi?) ma non di impostare manualmente alcuni valori. Il risultato è, purtroppo, ben visibile nelle fotografie pubblicate negli altri percorsi: poca profondità, poco contrasto, orribile zoom digitale, niente grandangolo, "troppo" automatica, ottiche risibili, ecc.
Er Ghepardo (il mio amico romanaccio), orgoglioso proprietario di una
Canon Digital IXXUS 50 (in verità una compatta digitale "da turista" anch'essa), sono anni che sostiene che: "anche se usata con settaggi di media qualità per non appesantire le foto, a mio avviso fa delle foto più belle di quelle che fa la tua Cybershot".
È sicuramente vero che alla Cybershot dovrei correggere l'esposizione, perchè le sbianca troppo (manualmente, ogni singolo scatto), ma tra le due non so quale sia peggio. Le poche fotografie (non ha lo scatto facile er Ghepardo) pubblicate in questa pagina sono scattate con la Canon Ixxus. Date un'occhiata e fatemi sapere; io riferirò
beffardamente
al Ghepardo.
Comunque sia, le fotografie belle o brutte), servono solo a documentare "l'evento", che resta l'escursione in montagna (sempre bella), e non devono partecipare a nessun concorso. C'è anche da dire che una bella fotografia va "preparata" e "progettata" con cura: noi spesso passiamo velocemente, in orari non adatti allo scatto di quel determinato "angolo" (ombra, controluce, orari con luce "fredda").
A proposito di escursione: si parla del Lago del Vei del Bouc, in Valle Gesso, ci sono pure le incisioni rupestri (da trovare).
Accesso: Da Borgo San Dalmazzo si risale la Valle Gesso in direzione di Valdieri. Al bivio si prende a sinistra verso Entraque; prima del paese, si imbocca la diramazione che conduce al Lago della Piastra. Si costeggia il lago e si prosegue a sinistra fino a San Giacomo di Entraque. Qui si volta a sinistra, si attraversa il torrente Gesso della Barra e si sale verso le palazzine ex-reali dove si può parcheggiare.
Da
San Giacomo d'Entraque (inter aquas
'tra le acque' prov.
Entraigue) (1213 mt), si prende la carrareccia sterrata (chiusa al traffico) che sale verso le Palazzine ex-Reali di Caccia (1250 mt) costruite su un poggio oltre il torrente, oggi adibite a colonia estiva per i ragazzi, presso le quali troviamo una bella fonte d’acqua: riempiamo le borracce.
Ripida e tortuosa, la stretta rotabile penetra la fresca ombra dei
faggi
e degli
abeti secolari, superando il Gias dell'Aiera (1349 mt) e si inerpica, voltando e rivoltando, fino ad uscire nel vasto pianoro del
Pra del Rasur (1412 mt), "antico bacino lacustre colmato dagli apporti alluvionali", posto al centro del
Vallone di Mont Colomb.
Rasur: toponimo derivante dal prov. rasoùr "rasato"; corrisponde all'ital. "radura" e denomina gli altipiani dove il manto erboso rimane molto basso (raso al suolo), non falciabile, e quindi, sfruttabile solo a magro pascolo.
Michelangelo Bruno - "Alpi sud-occidentali; tra Piemonte e Provenza" (Ed. L'Arciere)
Percorriamo il piano erboso, seguendo la malridotta carrareccia, in questo punto quasi al livello dell'ampio greto del
Gesso della Barra. Molti bagnanti, sdraio, canotte e creme, qualche culo nudo: anche qui sembra di essere a Spotorno.
1 ora circa per arrivare al
Gias Sottano del Vei del Bouc (1430 mt). Qui oltrepassiamo le diramazioni a destra che, attraversando il torrente, si dirigono al Pagarì (M13) ed al Bivacco Moncalieri e (chiaro cartello con indicazioni) prendiamo a sinistra la M14, comoda ma
ripida mulattiera
che, con svolte regolari, tra sporadici faggi e ontani risale il vallone di magri pascoli.
Dopo un lungo tratto tagliato a mezzacosta, la traccia riprende a salire con una serie di ampie girate, tra ciottoli e frantumi, in direzione di un costolone roccioso inciso profondamente dal torrente che scende dal lago, e che ha formato un
abisso vertiginoso nel quale precipitano spumeggiando e scrosciando le acque. Scenario affascinante, con veduta goduriosa sui ghiacciai della Maledia e del Gelas.
Dopo alcuni lunghi tornanti la mulattiera volta decisamente verso sinistra, lasciando a destra la diramazione M14b, che sale all'ex imposta di caccia della Cima del Tor, e raggiunge il dosso roccioso del Gias soprano del Vei del Bouc, che chiude a valle il verde concone del Lago del Vei del Bouc (2054 mt). Presso la sua sponda si trova un casotto di sorveglianza del Parco Naturale delle Alpi Marittime.
Bacino di evidente escavazione glaciale sul fondo di una valletta sospesa, e di ragguardevole estensione (circa 70.000 mq), il lago lega il suo toponimo ad un leggendario vecchio (=vei), ritiratosi quassù in compagnia di un caprone (=bouc); sui loro corpi si distesero le acque di un lago, repentinamente formatosi dopo la loro quasi contemporanea morte.
AA.VV. - "Valli Cuneesi" (CAI-TCI)
Il lago del Vei del Bouc, come riportato nella citazione, è legato ad un’antica leggenda riportata da Enzo Bernardini ne “Le Alpi Marittime e le Meraviglie del Monte Bego” (Genova, Sagep):
In quel luogo solitario, sotto un riparo roccioso,
viveva un vecchio saggio in compagnia di una caprone.
Prima di appartarsi sui monti,
l'uomo aveva condotto brillante vita cittadina.
Morto l'animale, unico amico e conforto del vecchio,
anch'egli si spense poco dopo.
Il torrente Gesso che nasce sui monti circostanti,
ebbe pietà di quei due corpi inanimati
e li inghiottì, formando in quel luogo
un vasto e profondo lago.
Questa è la leggenda che, come abbiamo visto, si riflette anche nel nome. Ma, ovviamente, non è esattamente così.
Su una carta dell'anno
1790
il lago porta la denominazione di
Vello del Bocco 'mantello del caprone' (dal lat.
vellus
'mantello' e bocco, erroneamente variato in becco 'maschio della capra'). Ne consegue dunque che l'errata interpretazione etimologica, unitamente alla fertile fantasia popolare, furono le cause che ispirarono la romantica leggenda del 'Vecchio del Capro'.
Contrariamente si pensa invece che l'antico vello (mantello) sia invece una distorsione del prov.
vaìi
(latino tardo
vaili) che, pur indicando l'insieme di greggi, principalmente è sinonimo di
vastèra, voce ancora attiva nel
Brigasco
(alta Valle Roia) e nel
Monregalese
con qualche riflesso nelle valli
Vermenagna,
Gesso
e
Stura, ove assume il significato di 'stazzo recintato in pietre a secco' per la cura e la custodia degli ovini (corrisponde al
gias
del versante piemontese).
Bocco equivale invece alla variante italianizzata volgare del prov.
buk, corrispondente al franc.
bec
e riconducibile alla radice prelat.
*bek-*bukk 'montagna'. Si ritiene quindi che il valore dell'etimo celi la sua origine nell'attività pastorale esercitata in questi luoghi da tempi remoti, territorio di transumanza in direzione del sacro tempio preistorico del
Monte Bego.
Logica appare quindi la corrispondenza dell'antica denominazione di Vello del Bocco, identificata semplicemente nell'espressione che, nella parlata alpina provenzale, suona
Vaìi del buk 'recinti di montagna'. L'etimo trova così la sua giustificazione nella geografia territoriale che presenta estesi e antichissimi gias con recinti in pietre per la custodia del bestiame.
Michelangelo Bruno - "Alpi sud-occidentali; tra Piemonte e Provenza" (Ed. L'Arciere)
Altra cosa interessante di questa area, è che la si accosta spesso al Monte Bego, intendendola come estremo lembo, in territorio italiano, del monumentale complesso di incisioni preistoriche della regione del Monte Bego, sito archeologico della Valle delle Meraviglie.
Quasi certamente la zona era frequentata da pastori già in
epoca preistorica: lo testimoniano alcune incisioni rupestri, simili a quelle della vicina regione del Monte Bego, individuate dagli archeologi sulle rocce scistose nei pressi del lago.
Andrea Parodi - Laghi, Cascate ed altre Meraviglie", Parodi Editore
La presenza di migliaia di incisioni rupestri sulle rocce di
Valmasca,
Fontanalba,
Val Lauretta,
Colle del Sabbione (appartenenti fino al 1947 al comune di Entracque) e del
lago del Vei del Bouc, inserite nel più grande comprensorio della regione del Monte Bego, lascia presumere che la valle fosse frequentata durante l’età dei metalli (circa 5000-4000 anni fa) da
gruppi agropastorali transumanti diretti verso l’altro versante delle Alpi.
Comunità Montana delle Valli Gesso e Vermenagna - Valorizzazione, Integrazione ed Innovazione del Sistema Turistico"
Ora, io ho fatto un giretto tra le
rocce montonate, che circondano il lago. Un'occhiata veloce, la zona è abbastanza vasta, specialmente se non si sa dove cercare, ma non ho trovato nulla. Anzi, qualcosa ho trovato, ma è abbastanza imbarazzante come esecuzione artistica. A parte le puntuali battutacce der Ghepardo, er romanaccio, (quelle che hai trovato tu, riportavano misteriose frasi del tipo "jessica e mirko for ever 15 agosto 2001" oppure " forza juve drughi dronero"), sono sicuro che i soggetti raffigurati non siano quelli che ho trovato io, che potrebbero essere, dei "fakes", delle
burle.
La figura rinvenuta, è un
omino singolo (non danzante, non orante, senza armi, praticamente "nullafacente", e già questo è strano)
stilizzato
in modo completamente diverso da quelli del Monte Bego. Anzi, più che stilizzato, sembra uno schizzo eseguito da un adulto che tenta rozzamente di simulare un presunto esecutore troglodita, anche se assomiglia più ad un disegno pseudo-infantile, tracciato da un pirla incivile.
L'area si trova in una valletta glaciale di quota, caratterizzata da prateria alpina e rocce pelitiche ed arenarie. Si tratta di un luogo di frequentazione pastorale (caprovini e bovini) fin dall'antichità. L'area costituisce l'estremo lembo, in territorio italiano, del complesso ad incisioni preistoriche dell'antica Età dei Metalli della regione del Monte Bego. Tipologicamente sono assimilabili a quelle di Fontanalba: corniformi, armi ed attrezzi, figure geometriche. Il numero delle rocce, levigate dai ghiacciai quaternari, su cui compaiono incisioni rupestri è assai limitato. Le incisioni stesse sono poco visibili. L'area è stata sottoposta ad indagine scientifica durante due campagne di ricerca (1989 e 1990) promosse dalla Soprintendenza Archeologica Piemonte e dal Museo Civico di Cuneo.
S.S.S.A.A. - CUNEO - "Inventario dei Beni Culturali" (Amministrazione Provinciale di Cuneo)
Dunque, l'Inventario dei Beni Culturali parla di "corniformi, armi ed attrezzi, figure geometriche" dice anche che sono in numero "assai limitato" e "poco visibili". Se volete fotografarle dovete cercare bene e a lungo.
Oppure toglietevi gli scarponi, stendetevi su una
levigata roccia montonata, addentate con gusto la focaccia prosciutto-toma, sorseggiate il the freddo e godetevi il lago ed il sole: tutto molto bello.